Pietro Zampetti - giacomo lisia

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Pietro Zampetti

 
 

Pietro Zampetti

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

San Lorenzo al Lago, Fiastra 3 Agosto 2001

Di Pietro Zampetti


GIACOMO LISIA PITTORE
BREVE ANALISI


Se la pittura è uno dei  tanti modi per comunicare con il prossimo, non vi è dubbio che essa, abbia un periodo di floridezza estrema. Vi sono tanti modi per comunicare: le parole, anzitutto, poi la musica con le sue infinite possibilità, lo scritto, che offre conoscenza di problemi e stati d' animo altrimenti ignoti e c' è la poesia. Persino l' oggetto è comunicazione. Un aratro, nel campo, lucente e solitario fermo nel solco, sotto il sole d' Agosto, offre a chi guarda, il modo di capire molte cose; esso non è poesia, ma lo diventa quando presenta all' animo umano, la chiave per capire tante cose, altrimenti aride e silenziose, senza valore alcuno.

La Poesia non è ciò che ci viene offerto sub specie di parole scritte in versi, ma è tutto ciò che permette a noi di conoscere quello che passa nell' animo, nel profondo, del nostro vicino, intendo dell' uomo. Senza questa possibilità vivremmo muti, come certi manichini di de Chirico di Carrà; silenziosi e misteriosi entro spazi anch' essi vuoti ed entrare nei quali è impossibile.

Ci sono, in questo mondo, anche i chiacchieroni che avvertono l' esigenza, continua, ossessiva, di far sentire agli altri la propria presenza; con le parole, il canto, i versi scritti (non ho detto con la poesia), il cinema e persino la televisione. Altri si esprimono in termini ermetici, si rivelano e insieme si nascondono. Perchè lo fanno? Ma lasciamo questo discorso, che ci porterebbe troppo lontano dal nostro Lisia, che è sempre così corposo ed avvertibile, sia quando ci propone ambienti e spazi aperti, sia quando immobile ed attento si ferma in osservazione di un corpo umano. Ho detto osservazione, potrei dire ammirazione. Ma ho bisogno di entrare più profondamente nel discorso.

Guardiamo, finalmente, le sue opere. Ma attenzione, il discorso sin qui fatto, era nato da lui, le sue opere erano tutte dentro. Le grandi opere nascono dalla realtà. Intendo che il suo è il mondo delle cose viste. Tutti sanno che c' è modo e modo di guardare il mondo, non solo perchè esso, a seconda delle stagioni e delle ore appare diverso (ma non appare, è diverso) e basta una indiscreta nuvola passeggera a creare giochi di luce ed ombre; basta un po' di vento improvviso a rendere frivola e leggera una foglia che sembra ferma come un macigno. La visione cambia, i colori mutano, il pittore si trova a dover ragionare con un mondo diverso. E non dico, poi cosa succede sul far della sera, quando di minuto in minuto tutto si trasforma; una foglia cambia colore anche quando è colpita da una strisciata di luce che ne muta toni e qualità di sostanza luminosa. Il pittore va avanti, ma il cambiamento della natura lo sollecita a cogliere questa sublime vitalità, questo suo essere presente nella unità e molteplicità.

Ecco, dunque, ch' io sto descrivendo un quadro di Giacomo Lisia, uno dei tanti, ch' egli dipinse, che gli nacquero dal cuore prima che dalla mano, frutto d' una lunga meditazione sulla sua terra, ch' egli ha nel sangue, di cui avverte fremiti e sostanza vitale, nelle ore più diverse, nei momenti più nascosti, quelli che vibrano entro il suo animo e che vuol far intendere; a se stesso prima; quindi a noi tutti, divenuti suoi fratelli.

Guardate le vedute, intendo le città, i paesi, i piccoli agglomerati di case, sotto l' alto campanile. Sono bloccate da una luce quasi meridiana, estiva, che acceca. Non c' è presenza umana, tutto intorno è silenzio. Viviamo fuori dal teempo, eppure quel mondo è così, è la verità del quotidiano, dell' hic et nunc. Le luci cadono dall' alto, dall' alto esse precipitano, ma nel cadere s' affondano nell' oscurità del vicolo. Una inversione cromatica che dà luogo a violenze di colori, eppure contenute in una sequenza naturale, armonizzata dalle "luci", intendo dall' intervento della nostra ragione che sa, si che è così, che questa è la verità. La verità del vedere, ecco forse il segreto della pittura di questo artista anomalo, che non ha preferenze, che d' ogni cosa, paesaggio,veduta, natura morta cerca di scoprire con l' occhio della coscienza, oltre ogni illusione del tempo e della luce, cosa in effetti essa sia, nella sua sostanza tattile e vera. Conciliare verità verificabile e verità dell' anima (intendo le stesse cose viste in momenti diversi) è, forse, il più alto sforzo creativo che Lisia vuol raggiungere e che spesso gli riesce in modo tale, per cui la pittura diventa finalmente poesia.

Ma le figure umane? Qui s' accende un altro discorso che mi lascia dubbioso, incerto; appaiono tenere, quasi ingenue, quando le vedi unite, in un gruppo di famiglia; sicure, aggressive, quando un nudo a distanza ravvicinata, ci propone intera anche la più nascosta carnalità senz' anima; dolce e tenera nell' attimo dell' amore materno, quasi una Vergine col Figlio; rigida e come iconica e ripetitiva quando infine ci rimanda ad un evento evangelico, come quello del Battesimo di Cristo, immerso nelle acque del fiume Giordano.

Non insisto; Lisia è pittore delle cose viste, ch' egli ci propone quali a lui si presentano, in quell' ora, in quel momento. La sua materia pittorica è densa piena e solare perchè ciò gli permette sovrapponendo colore a colore, di raggiungere quella sua verità, frutto del dialogo tra verità del mondo e verità della sua coscienza.

Da questo dialogo nasce un' arte in continuo divenire in movimento anche quando sembra ferma e statica come un mondo antico.


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